Spartak San Gennaro, un fiore nel cemento di Napoli

03.09.2021 20:00 di  Stefano Severi  Twitter:    vedi letture
Spartak San Gennaro, un fiore nel cemento di Napoli

Come un fiore nel cemento, per citare gli Statuto: l'attività dello Spartak San Gennaro, realtà di sport di base e associativa di Napoli, è una delle meraviglie del nostro paese. Dello sport e della politica. Nata e sviluppata in condizioni oggettivamente difficili, sopravvissuta al terribile lockdown, questa realtà permette a tantissimi ragazzi di praticare sport sano in maniera sicura e gratuita. È sport per tutti, ma è anche insegnamento di vita: abbiamo così deciso di fare due chiacchiere con Alessandro Ventura in rappresentanza del San Gennaro.

1 - Spartak San Gennaro, perchè avete scelto questo nome? 

Il nome Spartak San Gennaro vuole innanzitutto significare un forte senso di appartenenza verso la città di Napoli, e qui il riferimento al santo patrono, cui poi abbiamo affiancato il prefisso Spartak per richiamare la lotta per il diritto allo sport per tutte e tutti, con riferimento a Spartaco, lo schiavo romano che aveva capeggiato una rivolta contro i potenti per la conquista della libertà. Questo progetto nasce dal basso fondato da un gruppo di abitanti del quartiere, che da anni cercano di creare dei legami di lotta, per costruire una comunità solidale e opporsi, senza "sconti", alla mancanza di spazi e opportunità di sport e cultura per i bambini e i ragazzi dei quartieri popolari del centro antico di Napoli.

2 - Cosa significa fare sport popolare in una realtà "complicata" come quella napoletana? 

Lo Spartak San Gennaro nasce dal desiderio di aggregare bambini/e, ragazzi/e di diversi quartieri di Napoli. In quest'ottica è stata pensata la formazione di una squadra di calcio, un percorso autonomo finalizzato all'aggregazione attraverso la passione sportiva, e alla promozione dei valori dell'antisessismo, dell'antirazzismo e dell'antifascismo. Fare sport popolare in una realtà come quella di Napoli significa lottare tutti i giorni contro la mancanza di strutture e risorse e restituire a tanti e tante giovani un pezzo di vita che altrimenti sarebbe loro negato. Il nostro è un progetto sportivo, e soprattutto sociale,  che ci vede impegnati nella battaglia per difendere il diritto dei bambini ad avere spazi pubblici dove poter praticare sport, un diritto molto spesso non tutelato e garantito alle classi meno abbienti.

3 - Perchè avete scelto di non far pagare nessuna quota di iscrizione? 

Crediamo che lo sport debba essere accessibile a tutti e tutte . Purtroppo, però, questo non è sempre possibile per quelle famiglie che non possono permettersi centinaia di euro per iscrivere i figli in palestra o alla scuola calcio. Noi abbiamo creato una Scuola calcio popolare e gratuita per non discriminare chi non ha la possibilità di pagare, per rivendicare l'idea di sport come diritto alla salute e alla socialità. Una squadra che si basi sui principi dell' autogestione e della competenza : vogliamo dimostrare che, anche pagando una quota modesta o nulla, è possibile svolgere e far svolgere attività sportiva di alta qualità. Non vogliamo offrire solo un “servizio”: la nostra Scuola calcio popolare è autofinanziata dalle persone che partecipano al progetto, gradualmente dai genitori che iscrivono i propri figli e figlie, e soprattutto attraverso iniziative collettive come pranzi o cene sociali, feste di quartiere, tesseramento dei soci.

4 - Un ragazzo che pratica sport - si dice - è un ragazzo "sottratto" alla strada: siete d'accordo? 

Assolutamente sì. Alle giovani persona vanno date opportunità, fiducia nelle proprie capacità, possibilità di divertirsi e sognare la felicità. Solo in questo modo si può offrire loro la possibilità di immaginare un futuro degno e non lasciarli alla fascinazione dei falsi miti proposti dalla criminalità organizzata. Ci confrontiamo quotidianamente con gli scugnizzi che militano nella nostra squadra, Li alleniamo a prendere a calci un pallone invece che la propria vita, cerchiamo di offrire un punto di vista diverso sulla vita affinché possano cambiare il proprio futuro, sperando che non vadano in giro a fare guai. Abbiamo ancora i brividi pensando a  quello che è successo al giovane Ugo Russo, ma una domanda continua a rimbombarci in testa: cosa ha fatto questa città per aiutarlo a non trovarsi nel posto sbagliato a fare la cosa sbagliata!? Bisogna trovare il coraggio di puntare il dito anche contro quell’albero che sta facendo marcire i suoi frutti, contro chi, come denunciamo da molto tempo, per questi ragazzi non trova nemmeno un posto dover permettergli di calciare un pallone. 

5 - Con quali altre realtà di sport popolare collaborate? 

Napoli è una città dove lo sport popolare è in grande espansione anche se manca una visione di insieme, una rete di sport popolare che faccia lo sforzo di presentarsi in maniera unita, con la forza e la capacità di raggiungere obiettivi generali per la crescita del movimento di sport popolare della città. Partecipiamo ormai da 3 anni alle competizioni del Mediterraneo Antirazzista e collaboriamo occasionalmente con il Napoli United (ex Afro Napoli) per rilanciare il nostro progetto dal basso. 

6 - Qual è il ruolo delle istituzioni nella promozione dello sport a livello giovanile? A Napoli, e in generale nel Meridione, il ruolo delle istituzioni nella

promozione dello sport giovanile è sicuramente insufficiente in quanto in questi territori non esistono strutture pubbliche e fondi per garantire a tutti e tutte la possibilità di praticare sport.

7 - Quanti siete a comporre a livello organizzativo lo Spartak San Gennaro?

Lo staff dello Spartak San Gennaro è composto da una ventina di persone tra tecnici e dirigenti e un cospicuo numero di genitori e volontari che ci danno una mano per tutto quello che serve per portare avanti il progetto. 


8 - Quanti ragazzi allenate e in quante squadre?

Oggi possiamo contare sulla presenza di 70 tra bambini/e e ragazzi/e provenienti principalmente da 4 quartieri ma non solo: Pallonetto Santa Lucia, Quartieri Spagnoli, Montesanto e Materdei. Contiamo 3 categorie: pulcini, esordienti giovanissimi. E ogni anno qualche giovanissimo viene tesserato da qualche società sportiva della provincia dopo aver superato alcuni provini. Una grande soddisfazione per questi ragazzi che con impegno e costanza seguono il sogno che abbiamo cominciato a vivere insieme quando erano ancora piccoli.

9 - Si Può dire che col vostro operato colmate un vuoto laddove lo Stato non arriva?

Assolutamente no. Non crediamo che la nostra realtà, che è completamente autorganizzata e riesce a mettere in campo un intervento in ogni caso parziale, possa colmare il vuoto istituzionale sulle politiche giovanili in senso complessivo. Sarebbe opportuno che si rivedessero le politiche di investimento e le  risorse destinate allo sport e ai giovani in generale. Certamente nel nostro piccolo, con il nostro sforzo e quello delle famiglie, facciamo in modo che questi bambini/e  e questi ragazzi/e possano, attraverso la pratica sportiva, avere anche uno scambio di culture e idee  per ampliare la propria visione del mondo, conoscere le proprie radici culturali, conoscere la città e il popolo che la abita, renderli consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri e fare in modo che siano pronti ad affrontare la società in cui vivono. 

10 - Siete sopravvissuti al lockdown: quali sfide avete affrontato e vinto?

Abbiamo innanzitutto sconfitto l’idea di solitudine grazie alla convinzione che attraverso la solidarietà e l’aiuto reciproco si possano vincere anche le battaglie più difficili. Abbiamo promosso iniziative di diverso tipo per tenere uniti i ragazzi e le ragazze e le loro famiglie in un momento che per molti di loro non è stato solo di paura verso la pandemia ma anche di grandi privazioni economiche. Abbiamo, infatti, contribuito insieme al comitato di quartiere Montesanto “Sgarrupato” alla diffusione dei pacchi di spesa solidale per tutte quelle famiglie, anche della nostra squadra, che hanno sofferto particolarmente durante il periodo di lockdown. Da un punto di vista sportivo, nonostante tutte le restrizioni per poter svolgere le attività sportive, abbiamo avuto la costanza di non fermarci e di ripensare gli allenamenti in forma individuale,  dedicati più alla tecnica che alla tattica. Una costanza che ci ha premiato, in termini di socialità : abbiamo sempre creduto che sia necessario ridare importanza alle relazioni umane vere, concrete, per uscire dall'isolamento, dall'individualismo e dall'egoismo della società dei nostri tempi. Una sfida che sicuramente abbiamo vinto.